Il sito di Santa Maria di Juso

Unico insediamento dell’Abbazia francese della Chaise-Dieu a sud di Lucca

La Chiesa, detta Santa Maria Nova, in contrapposizione all’antica Cattedrale, Santa Maria Veteris, venne costruita dai monaci basiliani che si insediarono in quella che era una delle più fertili zone del paese e che ancora oggi viene denominata contrada degli orti o dei “Greci”.
Sorta su un insediamento monastico greco, fu donata nel 1133 dal re Ruggero II all’abbazia francese della Chaise-Dieu, che ne fece la sede di un priorato, e costituì la più lontana delle dipendenze casadeiane e l’unica a sud di Lucca.

I “siti casadeiani” sono quelle località sede di edifici religiosi (abbazie, priorati, semplici chiese e relative pertinenze) che nel Medioevo ebbero un rapporto di dipendenza con l’Abbazia francese della Chaise-Dieu in Alvernia.
A Montepeloso i monaci francesi restaurarono le chiese e risistemarono il territorio: rimboschirono, piantarono frutteti e riattivarono le coltivazioni agricole con canali irrigui.
Questo, però, non bastò per stabilire con i montepelosini rapporti amichevoli, a maggior ragione quando Ruggero II donò al priorato casadeiano di Santa Maria Nuova anche la chiesa di Santa Maria Vecchia, cioè la Cattedrale, con tutti i suoi possessi e le dipen¬denze, tra cui spiccava la chiesa di Irsi, dove i Casadeiani costruirono un monastero simile a quello di Santa Maria Nuova, retto dal medesimo priore.
La concentrazione di vasti poteri signorili ed ecclesiastici nelle mani dei monaci suscitò attriti continui con il clero e i signori locali, che aspiravano al ripristino dell’autonomia della sede vescovile. Armati di forconi e bastoni, d’intesa con la milizia del duca Francesco del Balzo, gli abitanti di Montepeloso diedero nel 1370 l’assalto ai monaci barricati nel priorato di Santa Maria di Juso. Poiché la Chaise-Dieu non aveva più i mezzi e l’autorità di un tempo, i casadeiani finirono per disinteressarsi di quella loro lontanissima dipendenza, tant’è che il monastero riacquistò la sua autonomia e fu amministrato dalla Santa Sede fino alla metà del XV secolo, quando le due chiese della città furono riunite nel vescovato di Andria.
L’incuria dei secoli successivi non ha lasciato quasi pietra degli edifici monastici, ma la memoria del sito di Juso, della sua ricchezza e potenza, della sua fitta rete di relazioni europee è sopravvissuta grazie alle pergamene che, sfidando i secoli, sono giunte a noi, in parte conservate negli archivi francesi della Haute-Loire, e in parte nell’archivio della Curia vescovile di Irsina, restaurate nel 2006 ad opera dei monaci dell’Abbazia di Noci (BA) a seguito dell’interessamento del responsabile della Curia don Nicolino Di Pasquale.